mercoledì 11 luglio 2018



ORIGINI DEL MODELLO PREVISIO

Introduzione

La previsione dei fenomeni naturali riveste un’estrema importanza per la progettazione di tutti gli interventi necessari per la protezione delle persone e delle strutture in modo da limitare i danni.
Sviluppare un modello di previsione dei fenomeni naturali critici non è impossibile, ma occorre conoscere a fondo le principali teorie interpretative che possono realmente consentire la valutazione delle informazioni e fornire segnali d'allarme in anticipo, necessari per determinare gli scenari di rischi, preziosi per la gestione dell’emergenza.
Nel 2003 è stata realizzata la prima versione del modello Previsio per la previsione di alcuni fenomeni critici (precipitazioni, portate di piena, temperature ecc.) utilizzando  l’analisi tecnica e la statistica.
Il modello non era utilizzabile per la previsione dei terremoti dove, il target  si raggiunge in pochi secondi, mentre per gli altri fenomeni il target si raggiunge gradualmente nel tempo.
Inoltre, i terremoti avvengono su faglie complesse, in diversi scenari di processi preparatori che rendono difficile una previsione deterministica basata sula sola analisi tecnica e statistica.
L'attività sismica sembra un fenomeno caotico tipico dei sistemi non lineari, ma se osservata attentamente nello spazio e nel tempo mostra strutture ben organizzate a diverse scale che consentono di avere molte informazioni utili per la previsione degli EQ più forti.
Per tali motivi dal 2005 in poi, il modello Previsio è stato arricchito di nuovi algoritmi utilizzando  l’econofisica, analisi ciclica, stocastica, frattale, di clustiring, delle anomalie, dei precursori (casuali, informativi e predittivi), dei foreshock e di recente dell’analisi di migrazione e raggruppamento dei dati sismici nel tempo e nello spazio 2D e 3D (ancora in fase sperimentale) che migliora alcuni algoritmi già in uso.

Le potenzialità dell’analisi tecnica: dall’economia alla natura

L’analisi tecnica, nelle tecniche e nell’utilizzo, è da decenni ormai, impiegata in maniera continua per prevedere gli andamenti dei titoli borsistici.
Le radici dell’analisi tecnica derivano da intuizioni attuate direttamente nei confronti della natura.
Se coloro che hanno inventato l’analisi tecnica sono partiti dalla natura, per poi approdare e adattare leggi come quella di Fibonacci all’economia, perché non potrebbe accadere il contrario?
L’idea è questa: se in economia l’analisi tecnica è utilizzata con grande precisione nel prevedere andamenti, trend e fenomeni improvvisi e bruschi nel campo di titoli di rischio e mercati azionari, perché non potrebbe essere anche utilizzata nel prevedere fenomeni che derivano dalla natura?
La filosofia, la logica come anche lo stesso Fibonacci, ci hanno insegnato che l’uomo fa parte della natura e come tale si comporta.
Il comportamento che ognuno di noi assume proviene direttamente dalla natura, poiché noi facciamo parte di essa, e questo ci deve far riflettere su come ci siano tutte le credenziali per pensare e sostenere con fermezza che i comportamenti della natura sono simili a quelli umani.
Partendo da questo presupposto puramente filosofico, che si può riscontrare in pensatori di tutte le epoche e nazionalità, si hanno tutte le carte in regola per provare ad adattare un metodo creato dall’uomo e legato a una scienza sociale quale l’economia, a fenomeni naturali di vario tipo: eruzioni vulcaniche, terremoti, andamenti delle temperature e delle precipitazioni e quindi grandi ondate di caldo e di freddo e alluvioni disastrose.
Alla luce dell’evoluzione raggiunta dall’uomo e degli interventi che potrebbero essere attuati per salvare vite umane in catastrofi naturali d'enorme portata, l’analisi tecnica è  un tassello in più da aggiungere a tutti gli altri metodi di analisi delle serie storiche.

Alcuni esempi di applicazione dell’analisi tecnica

Su un grafico di un fenomeno naturale è possibile ricavare informazioni utili sulla direzione e movimento dei valori, tempi di ritorno e fare delle previsioni a breve, medio e lungo periodo.
Le verifiche eseguite sui grafici relativi alle precipitazioni,  magnitudo, portate di piena, radon e altri fenomeni, hanno fornito utili informazioni per capire gli episodi estremi che si sono verificati in passato e sugli andamenti futuri.

1. L’evento alluvionale del 3 luglio 2006  su Vibo Valentia
Generalità

Le precipitazioni brevi e intense, causa di fenomeni di piena improvvisa (flash-floods), negli ultimi anni nella regione Calabria s'innescano con sempre maggiore frequenza.
L’evento alluvionale di Vibo Valentia del 2006 ha coinvolto una superficie di circa 15 km2.
Per circa tre ore consecutive sono cadute interrottamente 271,2 millimetri d'acqua provocando l’esondazione d'alcuni torrenti.
La violenza dell’acqua mista a fango e detriti è stata talmente forte da provocare ingenti danni e quattro morti.

Analisi dei dati

L’evento è stato sicuramente il maggiore fra quelli avvenuti nella città di Vibo Valentia negli ultimi cento anni sia per la superficie interessata sia per grandezza e danni prodotti a cose e persone, a strutture pubbliche, imprese e abitazioni.
Può essere classificato come evento estremo “ ciclico e stagionale” in quanto si colloca in terza  posizione dopo gli eventi del luglio 1940 (103,4 mm) e del luglio del 1976 (126,8 mm).
La dinamica dell’evento, la componente ciclica e stagionale (sempre nel mese di luglio), la conformazione morfologica del territorio, lo stato di permeabilità del terreno, il fattore antropico hanno contribuito a rendere il fenomeno non anomalo.

Serie storica delle precipitazioni del mese di luglio (analisi grafica)

Per l’analisi dell’evento sono state utilizzate le piogge medie mensili della stazione di Vibo Valentia (cod. 2800 della Regione Calabria - Banca dati meteo-idrogeologici) dal 1926 ad oggi.
Il grafico della figura 1 evidenzia tre eventi importanti accaduti nei mesi di luglio del 1940 (103,4 mm), del 1976 (126,8 mm) e del 2006 (271.2 mm), preceduti da lunghe fasi di standby.
Nella figura 2, depurata dell’evento pluviometrico del 2006 è stata tracciata la trendline a rialzo (linea rossa) dal massimo del 1940 e passante dal massimo del 1976.
Sullo stesso grafico è stata tracciata la retta discendente (linea blu) che unisce il massimo del 1976 con il massimo secondario antecedente l’evento principale.
In corrispondenza del massimo del 1976 sono state tracciate le rette orizzontali, delle percentuali di ritracciamento (61,8% e 100% di Fibonacci) e i target probabili dell’evento del 2006.
Nella figura 3 sono stati stimati i target in corrispondenza dei tempi di ritorno calcolati utilizzando la distanza tra i due massimi del periodo (1940-1976).

Risultati

Il superamento  netto nel 2004 della trendline discendente (linea blu) ha decretato la fine della fase negativa e l’inizio di una nuova fase di rialzo con target finale compreso tra i 204-252 mm.
Tutti gli oscillatori veloci (Stocastico, Momentun e Macd)  hanno mostrato un segnale d'allerta proponendo un evento tra il 2006 e il 2012 (considerando un tempo di ritorno di 36 anni).








Figura 1- Serie temporale delle precipitazioni del mese di luglio.







                                                                                                                                     



Figura 2 – Analisi grafica delle precipitazioni del mese di luglio.






Figura 3 – Calcolo dei tempi di ritorno e delle precipitazioni corrispondenti.

















2  Analisi del gas Radon (terremoto di Kobe 1995)

Generalità

Prima, durante e dopo importanti terremoti sono state osservate significative fluttuazioni delle concentrazioni di radon in Cina, Giappone e India.
Il radon è un gas nobile, naturalmente radioattivo, inodore e incolore a temperatura e pressione standard.
Alcuni ricercatori sostengono che all’incremento del radon, influenzato dai movimenti delle faglie, segue un aumento forte sino al momento del terremoto.
Per tale, motivo l’incremento d'emissione di radon, può essere utilizzato come precursore sismico se associato all’andamento temporale dei valori di magnitudo o meglio con la sequenza di scosse di bassa magnitudo o altri precursori.

Analisi dei dati

Per quest'analisi è stato utilizzato il grafico della variazione della concentrazione residuale del radon atmosferico prima e dopo il terremoto di Kobe, tratto dalla pubblicazione “Anomalous radon emanation linked to preseismic electromagnetic phenomena” pubblicata nella rivista Natural Hazards and Earth System Sciences e più esattamente alle pp. 629-635 del n. 5 del vol. 7 dell’anno 2007.
Il terremoto di Kobe di magnitudo 6,9 Mw, con epicentro localizzato a 20 km dalla città di Kobe (Prefettura di Hyōgo-Giappone)  si è verificato il 17 gennaio 1995.
Le vittime sono state 6.434 e di queste circa 4.600 erano abitanti della città di Kobe.
Il terremoto è stato previsto, quando i valori sono andati sopra la deviazione standard +3σ.


Figura 4 - Variazione temporale della concentrazione del radon atmosferico (modificata da Kawada ed al.-2007).













Serie temporale della concentrazione residuale del radon dal primo gennaio 1992 al primo gennaio 1996 (analisi grafica)

Risultati

Sulla serie storica temporale ricostruita (figura 5), si osserva come i valori del radon si sono mossi dal primo gennaio 1992 e fino a settembre del 1994 all'interno di un canale di volatilità rettangolare delimitato da una trendline di resistenza posta  a circa 4-5 Bq/m3 (linea rossa superiore) e da una trendline di supporto che passa a circa 1-2 Bq/m3 (linea rossa inferiore).
L'attraversamento della trendline superiore avvenuto nell’ultimo trimestre del 1994 ha rappresentato un segnale di forza delle concentrazioni di radon e di previsione di un imminente evento sismico.
Il movimento di tipo impulsivo che si è sviluppato è composto di cinque onde (1,2,3,4,5).
L’onda 1 e l’onda 3 hanno una dimensione simile, mentre l’onda 5 è caratterizzata da una stessa direzione ma ampiezza minore.
Il target finale si colloca sostanzialmente nell'area 8,38-10,74 Bq/m3.
L’analisi dei principali indicatori tecnici conferma in parte l’up-trend di breve periodo: lo stocastico, il momentum e il Macd sono in posizione positiva.





Figura 5 -  Serie temporale della concentrazione residuale del radon dal primo gennaio 1992 al primo gennaio 1996 (analisi grafica).






Figura 6 -  Serie temporale della concentrazione residuale del radon dal primo gennaio 1992 al primo gennaio 1996 (analisi grafica).

















Serie temporale della concentrazione residuale del radon dal 1 gennaio 1992 al 1 gennaio 1996 (analisi TR-V)

Risultati

Tutti gli oscillatori evidenziano una positività pronunciata molto prima dell’evento sismico.
In particolare, l’oscillatore ITC mostra un trend  positivo iniziato nella prima metà del 1994 che anticipa il rialzo delle concentrazioni di radon avvenuti alla fine del 1994.
Dall’analisi si può ipotizzare nel breve uno spunto rialzista a circa 7,1-12,0 (analisi ICA) e 12,9 (analisi SIC).

















Figura 7 -  Serie temporale della concentrazione residuale del radon dal primo gennaio 1992 al primo gennaio 1996 (analisi ICA, ITC, ICC e SIC).


















3 Analisi del gas Radon (terremoto Izu-Oshima-Kinkai del 14 gennaio 1978)

Analisi dei dati

Per quest'analisi è stato utilizzato il grafico della variazione della concentrazione del radon prima, durante e dopo il terremoto di Izu-Oshima-kinkai (M 7.0) del 1978 in Giappone.
Il grafico riportato nella figura 8, mostra l’erratica fluttuazione della concentrazione di radon in un pozzo artesiano ubicato nella penisola Giapponese di Izu.
Durante le osservazioni di radon eseguite dal maggio 1977 ad agosto del 1986 nel pozzo, non sono state osservate significative variazioni  in occasione di terremoti  di magnitudo maggiore di M5 e una distanza epicentrale di 100 km.
Analizzando il grafico si osserva come, la rottura della trendline discendente (linea di colore rosso) e lo sviluppo di un movimento di tipo impulsivo composto di cinque onde (1,2,3,4,5) rappresentano un segnale di forza delle concentrazioni di  radon e di previsione dell’evento sismico del 14 gennaio del 1978.
L’onda 1 ha un’ampiezza maggiore delle onde 3 e 5 caratterizzate da una minore direzionalità.

Figura 8 – Concentrazione di radon misurata nel pozzo (da Wakita et al.4).


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